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sabato 26 gennaio 2008

DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - I Fondi Sovrani

Lo scoppio della bolla del credito e la conseguente crisi del settore bancario ha fatto emergere con prepotenza sulla scena internazionale dei nuovi attori: i Fondi Sovrani.
Si tratta di veicoli di investimento governativi che vengono finanziati con una parte delle riserve valutarie dei Paesi di appartenenza, al fine di gestirle in maniera separata e differenziata rispetto alla restante quota delle riserve ufficiali.
L’istituzione dei fondi sovrani rappresenta la risposta che diversi Paesi hanno dato all’esigenza di fare fruttare in maniera appropriata i fondi in eccesso derivanti dai flussi valutari a loro volta generati dagli avanzi delle partite correnti; questi ultimi sono tipici di Paesi prodottori di materie prime. Rispetto alla normale gestione delle riserve valutarie, i fondi sovrani hanno un orizzonte di investimento ed una propensione al rischio maggiori.
Ed è proprio grazie alla grande crescita delle riserve valutarie che i Fondi Sovrani stanno vivendo un momento di grande espansione. Nel 2007 la classifica dei Paesi per disponibilità di riserve valutarie vede al primo posto la Cina con 1202 miliardi di dollari, al secondo la Russia con 330 miliardi, al terzo la Corea del Sud con 243, al quarto l’India con 192, al quinto Singapore con 137; seguono poi Brasile (109), Malaysia (89), Tailandia (69), Norvegia (56), Australia (55).
Diversi sono gli obiettivi che i Fondi Sovrani si propongono di perseguire: agevolare lo sviluppo economico e sociale del Paese, rafforzare il bilancio statale proteggendolo dalla volatilità delle entrate fiscali, mettere da parte risorse per affrontare eventi imprevisti, accantonare risparmi per le generazioni che verranno quando le risorse naturali saranno esaurite. Tuttavia, dall’esame dei comportamenti recenti di queste Istituzioni è ipotizzabile che le loro scelte di investimento diverranno sempre più strategiche e finalizzate ad accrescere il know how del Paese di appartenenza (telecomunicazioni, energia, settore finanziario e diritti di proprietà intellettuale sembrano i campi più ambiti).
I primi Fondi Sovrani risalgono ad almeno 50 anni fa; citiamo il Kuwait Investment Authority che fu costituito nel 1953 per investire i petrodollari in eccesso e che si rivelò estremamente utile per finanziare la ricostruzione dopo l’invasione irachena del 1990.
Oggi a livello dimensionale l’Adia (Abu Dhabi) dispone di 625 miardi di dollari; il Global (Norvegia) dispone di 322 miliardi; il Gic (Singapore) di 215 miliardi; il Kuwait Investment Authority (Kuwait) dispone di 213 miliardi; il China Investment Corporation (Cina) dispone di 200 miliardi; lo Stabilization Fund (Russia) dispone di 127 milioni; il Temasek dispone di 108 milioni.
Attualmente, i capitali di cui dispongono i fondi sovrani dovrebbero aggirarsi intorno ai 2.500 miliardi di dollari statunitensi; tale cifra è quintuplicata rispetto alle disponibilità degli anni novanta (circa 500 miliardi di dollari); tuttavia secondo i più recenti studi ci sarà una ulteriore grossa crescita dei capitali che saranno in grado di gestire; tale sviluppo riguarderà soprattutto i Fondi Sovrani Asiatici che dovrebbero arrivare a gestire circa il 50% dei probabili 12000 miliardi di dollari complessivamente a disposizione nel 2015.
E l’asso nella manica dei fondio asiatici è proprio rappresentato dalle riserve valutarie (circa 3660 miliardi di dollari).
Le incursioni più recenti hanno riguardato l’ingresso nel capitale di grosse banche; ad es. il Fondo Gic di Singapore ha investito 11.5 miliardi di dollari in Ubs; il Fondo China Investment Company (Cina) ha investito 5 miliardi di dollari in Morgan Stanley; il Fondo Temasek (Singapore) ha investito 7 miliardi di dollari in Merril Lynch e Barclays.
I fondi sovrani svolgono un importantissimo ruolo sui mercati finanziari con diversi effetti positivi che vanno dall’effetto stabilizzatore di eventuali crisi che possono scoppiare nei mercati emergenti al supporto fornito ad aziende occidentali in crisi grazie all’ingresso nel loro capitale e l’apporto di mezzi freschi.
Le incognite sono invece legate alla trasparenza nell’utilizzo delle risorse di cui dispongono; a questo proposito sta lavorando anche la Commissione Europea al fine di stabilire un coordinamento ed una posizione comune tra gli stati membri.

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