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sabato 23 gennaio 2010

DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - Continuando a parlare di disequilibri e disuguaglianze ma anche di mondi alternativi e crescita sostenibile….

L’ultimo post intitolato “Eccessi e disequilibri” Vi ha solleticato; ringrazio in particolare, Laura di Milano, Innocenzo di Torino e Giovanni di Borgo Valsugana sia per i commenti positivi sugli articoli e sulla Newsletter che per il sostegno al mio Blog.
Continuiamo allora a parlare di disequilibri e diseguaglianze per meglio interpretarli, capirli e correggerli attraverso la costruzione di mondi alternativi. Traggo lo spunto per gli argomenti dibattuti in questo post anche da un felice recente accadimento: la laurea Honoris causa assegnata dall’Università di Rimini ad un eminente economista: Partha Dasgupta

(ecco il link della notizia:
http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/rimini/cronaca/2010/01/22/284072-universita_laurea_honorem.shtml).

Per chi non conosce questo illuminato pensatore allego il link di wikipedia:

http://en.wikipedia.org/wiki/Partha_Dasgupta

Da tanti anni, mi trovo, per ragioni di lavoro, a maneggiare dati macroeconomici, a studiarli e digerirli con la finalità di cercare di comprendere se il mondo degli investimenti nel quale nuoto è in equilibrio oppure no; tuttavia, mai come in questo periodo, avverto un divario tra la realtà delle cose e quello che questi dati ci stanno dicendo. Nelle recenti Financial Markets LAB Newsletter ho più volte criticato, ad esempio, la bontà e l’attendibilità dei dati sull’occupazione Statunitense. Ecco la ragione percui voglio parlarvi di Dasgupta: perché questo economista vuole studiare disequilibri ed inefficienze delle economie in cui viviamo introducendo un nuovo paradigma, un nuovo approccio.
Secondo questo eminente pensatore i modelli economici sono carenti e vanno arricchiti per poter egregiamente rappresentare la realtà perché, solitamente, tengono conto del capitale, del lavoro ma si dimenticano di una importante variabile: la terra o la natura nel senso ampio del termine!
Guardiamo un attimo le previsioni sulla crescita della popolazione mondiale: si parla di qualcosa come 9-9.5 miliardi e mezzo di persone nel 2050! Guardate poi il grafico seguente che mostra due trend inesorabili: la crescita della popolazione mondiale e il calo dei terreni coltivabili.



Allora, come non dare ragione a Dasgupta?! Non si può trascurare il valore della terra e di quanto essa produce quando si vuole modellizzare la realtà per fare previsioni o stime economico-statistiche della realtà.

“Gli economisti si sono creati un immagine mentale dell’attività economica che contempla poco la natura: i modelli di crescita parlano solo di capitale fisico, di conoscenza, più recentemente anche di capitale umano” dice Dasgupta.
E aggiunge:
”Si è alimentata la credenza subconscia che la natura non abbia davvero importanza e questo ha dato vita a una percezione alterata della realtà, soprattutto tenuto conto delle attuali dimensioni della popolazione umana e del livello dell’attività economica inconcepibile nel passato”.
Certo, se ripercorriamo a ritroso gli ultimi anni quello che vediamo è un mondo cresciuto a ritmi medi del 3% con enormi disuguaglianze sociali, con utilizzi impropri degli strumenti di crescita economica e controllo dell’inflazione (aumento della massa monetaria all’inverosimile!) con socializzazioni forzate del debito privato creato da pochi sprovveduti a spese di tanti, con una parte di mondo (quella definita paradossalmente come la più sviluppata!) che consuma più di quanto produce e risparmia. A questo proposito date un’occhiata al trend che si vede nel seguente grafico (che mostra la mole di debito in rapporto al prodotto interno lordo, il GDP).



Rispondete ora a questa domanda: chi sono i Paesi più virtuosi, le economie occidentali o i Paesi cosiddetti emergenti?! Beh direi che la situazione si sta capovolgendo!
Partha Dasgupta, sir Partha dal 2002 quando la regina lo ha insignito del titolo «per meriti nella disciplina economica», ha creato a Cambridge, dove ha studiato e dove insegna, una robusta scuola che coniuga economia, ambiente e sviluppo, inteso come crescita sostenibile; un encomiabile esempio di pensiero alternativo e più etico. Non crescita drogata dalla creazione di carta, capite?!
Nato 67 anni fa a Dhaka, allora India e oggi Bangladesh, ha anche insegnato filosofia a Stanford, negli Stati Uniti. E insieme a una solida base matematica, un biglietto da visita da mezzo secolo inevitabile fra gli economisti, ha mantenuto un approccio che sposa l’econometria, cioè quanto di più concreto e numerico esista nella disciplina, e pensiero, risposta ai quesiti eterni.
La sintesi del Suo pensiero è racchiusa in un libro che consiglio a tutti:
“Economics. A very short introduction” (traduzione italiana Economia, Una breve introduzione, edizioni Vita e Pensiero).
Ecco il link: http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-dasgupta_partha/sku-12815141/economia_una_breve_introduzione_.htm

Partha Dasgupta afferma:
”Se dico che oggi il Pil è superiore del 5% rispetto a una data passata, sembra un notevole progresso. Ma quale è quella data? Vicinissima, tre anni, quattro al massimo. Vivevamo così male quattro anni fa? No, più o meno come oggi. Allora, il Pil è affidabile, riflette qualcosa di reale fino in fondo, oppure è una misura parziale e imprecisa?”.
Ebbene, il problema è proprio quello di far rientrare le cose reali nei calcoli e nei dati economici; la terra o la natura intesa come aria, acqua, foreste nel tempo e a causa dell’uomo subisce cambiamenti che dovrebbero essere compresi nel calcolo di indicatori di benessere come può essere il PIL. Ma anche le ricchezze immateriali che segnano la qualità della vita, come la salute, le libertà politiche e civili, l’istruzione cioè quello che concorre a formare il capitale umano e sociale. A ognuna di queste componenti Dasgupta associa una definizione e una precisa metodologia di misurazione, proponendo, contemporaneamente, una rigorosa strumentazione di analisi ed un’innovativa visione della sfera economica più sensibile al fattore umano. Questo approccio nuovo vorrebbe dire costruire un nuovo paradigma e rappresenterebbe un monito per i Governi e le Autorità preposte ai controlli sull’economia e sui mercati finanziari. Ebbene, penso che in un momento di transizione della teoria economica, profondamente scottata dalla crisi della finanza e dei modelli di moral hazard che l'hanno favorita, Dasgupta ha una percezione innovativa perché sa usare tutti gli “attrezzi del mestiere” di economista, ma anche guardare oltre con pensieri laterali innovativi.
Lui non ha mai fatto parte, nonostante gli studi matematici, della numerosissima scuola che a un certo punto ha cercato di interpretare il passato e, purtroppo per noi, anche il futuro dell'economia sull'unica scorta di eleganti formule matematiche e complicati algoritmi. Lui non è come certi banchieri centrali (Alan Greenspan tanto per fare il nome di un ex) che sostengono che la tempesta sui mercati è stata un fatto sporadico, più o meno imprevisto e imprevedibile perché i modelli avevano lasciato scoperto proprio quel piccolo spazio nel quale la crisi si è infilata; un cigno nero direbbe Nassim Nicholas Taleb, ma di cigni neri il mondo è pieno!
Ecco un altro passaggio del pensiero di Dasgupta che dovrebbe, in parte, confortare noi Europei:
”Negli Stati Uniti non sarà facile abbandonare una concezione in cui il Pil è dominante, se non totalizzante. In Europa invece vedo assai più spazi di innovazione, perché culture assolutamente di mercato convivono da sempre con culture più sociali. E questo secondo me sarà una forza quando si presenterà, inevitabilmente, un nuovo rapporto tra produzione e lavoro”.È stata l'Asia, soprattutto, a fornire negli ultimi decenni quel miliardo in più di lavoratori del sistema industriale che ha cambiato i flussi commerciali e finanziari, e sarà l'Asia a determinare, più di altri, quel mondo fatto da un diverso rapporto tra produzione e lavoro che Dasgupta intravede. Ma sarà l'Europa a coniugare il nuovo paradigma. Come? Risponde Dasgupta:
“Non lo so. Ma credo che sarà impossibile produrre come oggi con un 50% della popolazione mondiale in più. Dell'Europa mi interessano molto le differenze interne, credo che il movimento cooperativo, in senso lato, potrà fornire spunti interessanti. Ci saranno meno risorse naturali per tutti, e l'Europa che ne ha meno di altri continenti sarà all'avanguardia nell'affrontare il mondo di domani. Ma credo proprio che il nocciolo della questione, per l'economia di domani, sarà come allentare il nodo tra Pil e occupazione. E un'area meno omogenea di altre, come l'Europa, ha più opportunità di fornire la risposta giusta e compatibile”.
Se temi come lo sviluppo sostenibile, la limitatezza delle risorse della Terra, il riscaldamento globale sono ormai entrati nel dibattito pubblico, è paradossale che il senso comune, i media, i Governi e le politiche economiche non considerino l’ambiente tra gli indicatori del benessere umano. Partha Dasgupta, al contrario, mostra come l’ambiente possa e debba essere integrato nel ragionamento economico, delineando una vera e propria economia ecologica e rendendo accessibili anche ai “non addetti ai lavori” le connessioni esistenti tra biodiversità ed ecosistema, scarsità delle risorse e possibilità economiche future.
E i nostri beneamati mercati finanziari? Beh, se i dati macroeconomici stessi sono poco rappresentativi della realtà e non sono in grado di coglierne i cambiamenti, figuriamoci le Piazze finanziarie!

Chiudo il post allegandovi il link di un video di un interessante intervento di Dasgupta, tratto da Youtube:

http://www.youtube.com/watch?v=bWUe-CUv65Y

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