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domenica 26 giugno 2011

DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - Il rischio di investire in ETF

L’uscita di un importante documento del Financial Stability Board intitolato:” Potential financial stability issues arising from recent trends in Exchange-Traded Funds (ETFs)” mi da l’occasione per parlare ancora di disinformazione finanziaria. A farla, è sempre lui: Beppe Scienza.


In un suo libro intitolato “Il risparmio tradito” ha pontificato riguardo la bontà degli Etf quale strumento a disposizione dei risparmiatori da sostituire ai fondi comuni, a suo parere, fonte di inefficienze e di scarsa trasparenza. Ecco quello che Scienza scriveva nel capitolo 21 intitolato “Come salvarsi?” a proposito degli Etf:

“Un fondo comune può facilmente copiare un mercato azionario, applicare commissioni bassissime ed essere comunque redditizio per la società di gestione. Ma le bauche italiane si sono sempre guardate bene da istituire fondi simili, che avrebbero ridotto gli enormi guadagni che lucrano a danno dei risparmiatori.
Anzi, la parola "indice" nella denominazione di alcuni fondi azionari italiani è una bella etichetta che non garantisce un andamento in sintonia col mercato. Vedi per es. Cisalpino Indice e Padano Indice Italia: nel
2000 hanno reso il 3,2% e il -2,7% a fronte del 6,2% netto della Borsa italiana. Il risparmio gestito italiano è proprio la fiera degli equivoci. Invece in America esistono per es. dal 1993 le Standard & Poor's Depositary Receipts, simbolo SPY, che replicano il suddetto indice S&P500. Si tratta di uno dei tanti Exchange Traded Fund (Etf), ovvero "fondi trattati in Borsa", detti così perché scambiati come azioni 4. Per puntare sulle azioni tali strumenti sono la quadratura del cerchio, in quanto:

• garantiscono risultati allineati, nel bene e nel male, a quelli del rispettivo indice di Borsa;

• hanno costi normalmente modesti, nell'ordine dello 0,15-0,50% l'anno;

• non si pagano gabelle per l'ingresso o l'uscita, ma solo commissioni analoghe a quelle per la compravendita di azioni:

• sono acquistabili anche per importi bassissimi.

Sino a pochi anni fa un risparmiatore italiano doveva ricorrere a Etf esteri, spesso con complicazioni e maggiori oneri fiscali. Ciò non toglie che chi ha comprato le SPY s'è avvantaggiato in pieno della salita delle borse e della valuta americane, a differenza dei poveretti cui sono stati sbolognati fondi italiani specializzati sull'America con minus di gestione nell' ordine del 7% annuo (vedi p. 65). Non stupisce quindi che la stampa estera li consigli spesso: vedi per es. il solito Der Spiegel che ne elenca i vantaggi (n. 16, 17-4-2000 p. 83). Invece quella italiana, pur così infatuata dell'investimento in azioni americane, per anni non ne ha mai parlato: il solito Sole 24 Ore non li cita neppure elencando "le diverse strade che si aprono per chi decide di entrare nel mercato americano" e propone invece fondi comuni (23-7-2000 p. 15). Ma per fortuna dal 30-9-2002 diversi Eft di società straniere sono facilmente accessibili anche agli investitori italiani, perché ufficialmente quotati. Comprando e tenendo in portafoglio Etf azionari di regola si otterrà più che coi fondi comuni venduti dalle banche e dai promotori finanziari, i quali e le quali cercheranno quindi in ogni modo di dissuaderne l'acquisto.”

Peccato che l’Azzeccagarbugli di Torino, come sempre, fornisca la verità che a lui fa più comodo; con il solo obiettivo di gettare fango sull’industria del risparmio gestito, Scienza fa brillare il mondo degli Etf senza evidenziarne i reali rischi. Cari risparmiatori, sembra voler dire il professore di Torino, comprate etf e dormirete sonni tranquilli!

Ma è proprio così? Ecco alcuni passi del documento del Financial Stability Board:

” While ETFs bring a number of benefits to investors and market participants, including cost efficiency diversification and easier access to specific asset classes or risk exposures, they may also generate new types of risks, linked to the complexity and relative opacity of the newest breed of ETFs.”

Ed ecco un esempio di struttura sottostante ad un Etf quotato nella Borsa di Milano:



Come si vede, dietro moltissimi Etf c’è una struttura di scambio di flussi finanziari molto più opaca di un portafoglio di un qualsiasi fondo comune di investimento e, pur essendo prodotti passivi, non sono assolutamente esenti da rischi. Come segnala il bravo Armando Carcaterra di Anima SGR:

“Mentre i vecchi ETF replicavano l'indice di riferimento investendo direttamente nei titoli sottostanti, gli ETF "sintetici" investono invece in derivati legati agli indici di mercato. Questa modalità ha consentito di estendere lo strumento ETF anche a mercati prima inaccessibili come le materie prime. Sono nati così altri strumenti di investimento come gli ETC Exchange Traded Commodities, cioè strumenti che investono in materie prime.
Questo acronimo però non segnala solo che l'ETC investe in materie prime, segnala anche che esso, al contrario degli altri ETF che investono sui mercati finanziari, non è un fondo comune, ma una specie di titolo indicizzato emesso direttamente dalla banca d'affari. L'ETC è nato perché la normativa sugli OICR non consente di investire in materie prime ed in più impone che i fondi comuni diversifichino il rischio. Gli ETC, invece possono utilizzare derivati a proprio piacimento e sottrarsi a qualunque vincolo di diversificazione dei rischi, legandosi solo all'oro, solo all'argento, al rame e così via.”

E ancora:

“L'ETC investe esclusivamente in derivati: il suo valore è legato all'andamento del mercato di riferimento, ma i suoi guadagni e perdite vengono contabilizzati sulla base di contratti stipulati con una controparte (cioè una banca d'affari), non a fronte di un portafoglio "fisico" di materie prime. Se la controparte è insolvente o non onora il contratto, il valore dell'ETC evapora perché non possiede alcun sottostante da vendere. Di questo tipo di rischio, che viene denominato "rischio di controparte" il risparmiatore di solito non è però affatto consapevole. Il risparmiatore non è neppure consapevole di essere legato a filo doppio alla solvibilità di un'unica banca d'affari, quella che ha emesso l'ETC. In epoca di bolle -si sa- le tentazioni sono forti. Ed anche i danni che esse fanno.”
Un altro aspetto di cui nessuno parla mai, poi, è quello legato al grado di liquidità degli Etf su cui si è deciso di investire perchè esiste la possibilità che l’emittente li liquidi da un momento all’altro a suo piacimento. Questa eventualità può accadere quando un Etf è poco liquido, cioè quando non riscuote l’interesse del mercato. Con “poco liquido” si fa riferimento al numero di compratori e venditori che caratterizzano il mercato dell’Etf per diversi livelli di prezzo.
Infine, voglio evidenziare che non è solo il Financial Stability Board a lanciare l’allarme come si vede dall’articolo di cui allego il link:

http://blogs.wsj.com/marketbeat/2011/04/21/etfs-a-threat-to-financial-stability/

1 commento:

  1. E' una vergogna che personaggi come Beppe Scienza possano scrivere idiozie del genere. Complimenti per l'articolo!
    Gano

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