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mercoledì 25 maggio 2011
DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - La disinformazione colpisce ancora!
Oramai lo leggo per sorridere anche se è più forte di me; non ce la faccio a non arrabbiarmi quando leggo gli articoli che Beppe Scienza pubblica sul suo blog tra le pagine de "Il fatto quotidiano". Nell'ultimo post il "professore" di Torino giunge all'illuminata conclusione che investire in azioni non offre una protezione contro l'inflazione e cita i soliti dati di Mediobanca e le inesattezze che, a suo parere, compaiono sulla stampa specializzata, quando affronta questo tema.
L'uomo della strada leggendo articoli simili non fa che allontanarsi da possibili alternative di investimento (come le azioni) che potrebbero diversificare egregiamente il rischio del proprio portafoglio, aumentando il relativo profilo rischio-rendimento. All'articolo di Scienza ho risposto in modo secco e duro nei suoi confronti (se lo merita!) e qui proverò a spiegare perchè. Ho preso in considerazione, in un banalissimo esercizio, il mercato azionario italiano analizzando l'evoluzione dell'indice Comit (che rappresenta l'andamento delle azioni italiane) con un indice dei prezzi al consumo al netto della componente volatile (tabacco). Partiamo esaminando un arco temporale ampio (dal 1973 ad oggi):
Effettivamente il grafico sembra dare ragione proprio alle affermazioni di Scienza: dal 1973 ad oggi le azioni (comprensive dei dividendi distribuiti) sono salite meno dell'inflazione.
Ma questa conclusione è davvero superficiale in quanto non tiene conto dei cicli economici che si sono succeduti in quasi 40 anni di tempo! E' come se un marinaio si ostinasse a navigare in qualsiasi condizione atmosferica invece di approdare in porti sicuri quando ci sono i maremoti e trornare a prendere il largo quando il mare è calmo!
Guardiamo il periodo 1982 - 1999:
Come si può vedere quando le borse si trovano in quello che in gergo tecnico si chiama Bull market secolare (cioè una prolungata fase rialzista dei corsi sostenuta da un contesto macroeconomico di crescita) le azioni stracciano alla grande l'inflazione!
Guardiamo ora il periodo 1999 - 2011, cioè la fase che stiamo vivendo da quando è scoppiata la bolla tecnologica sui listini azionari e le economie occidentali sono entrate in una profonda crisi economica (di cui sentiamo ancora gli strascichi) e da quando è partito il cosidetto Bear market secolare sulle azioni (cioè una prolungata fase ribassista dell'equity causata da un contesto macroeconomico avverso)
Effettivamente le azioni non stanno riuscendo ad offrire rendimenti eclatanti.
Analizziamo infine il periodo 1980 - 2011 nell'ultimo grafico che vi propongo:
Come si vede dal 1980 ad oggi le azioni fanno meglio dell'inflazione.
Allora quali conclusioni possiamo trarre? Quelle dell'"Azzeccagarbugli" che sostengono che investire sull'azionario è come puntare alla roulette?
Oppure in modo razionale possiamo sostenere che queste lunghe fasi alterne di andamenti positivi e negativi dell'azionario sono ragionevolmente prevedibili e, scalettando degli acquisti oculati sulle azioni nei periodi maggiormente avversi possiamo sperare di beneficiare successivamente della fase positiva del mondo azionario?
Lascio a voi la risposta...la mia la potete intuire....
L'uomo della strada leggendo articoli simili non fa che allontanarsi da possibili alternative di investimento (come le azioni) che potrebbero diversificare egregiamente il rischio del proprio portafoglio, aumentando il relativo profilo rischio-rendimento. All'articolo di Scienza ho risposto in modo secco e duro nei suoi confronti (se lo merita!) e qui proverò a spiegare perchè. Ho preso in considerazione, in un banalissimo esercizio, il mercato azionario italiano analizzando l'evoluzione dell'indice Comit (che rappresenta l'andamento delle azioni italiane) con un indice dei prezzi al consumo al netto della componente volatile (tabacco). Partiamo esaminando un arco temporale ampio (dal 1973 ad oggi):
Effettivamente il grafico sembra dare ragione proprio alle affermazioni di Scienza: dal 1973 ad oggi le azioni (comprensive dei dividendi distribuiti) sono salite meno dell'inflazione.
Ma questa conclusione è davvero superficiale in quanto non tiene conto dei cicli economici che si sono succeduti in quasi 40 anni di tempo! E' come se un marinaio si ostinasse a navigare in qualsiasi condizione atmosferica invece di approdare in porti sicuri quando ci sono i maremoti e trornare a prendere il largo quando il mare è calmo!
Guardiamo il periodo 1982 - 1999:
Come si può vedere quando le borse si trovano in quello che in gergo tecnico si chiama Bull market secolare (cioè una prolungata fase rialzista dei corsi sostenuta da un contesto macroeconomico di crescita) le azioni stracciano alla grande l'inflazione!
Guardiamo ora il periodo 1999 - 2011, cioè la fase che stiamo vivendo da quando è scoppiata la bolla tecnologica sui listini azionari e le economie occidentali sono entrate in una profonda crisi economica (di cui sentiamo ancora gli strascichi) e da quando è partito il cosidetto Bear market secolare sulle azioni (cioè una prolungata fase ribassista dell'equity causata da un contesto macroeconomico avverso)
Effettivamente le azioni non stanno riuscendo ad offrire rendimenti eclatanti.
Analizziamo infine il periodo 1980 - 2011 nell'ultimo grafico che vi propongo:
Come si vede dal 1980 ad oggi le azioni fanno meglio dell'inflazione.
Allora quali conclusioni possiamo trarre? Quelle dell'"Azzeccagarbugli" che sostengono che investire sull'azionario è come puntare alla roulette?
Oppure in modo razionale possiamo sostenere che queste lunghe fasi alterne di andamenti positivi e negativi dell'azionario sono ragionevolmente prevedibili e, scalettando degli acquisti oculati sulle azioni nei periodi maggiormente avversi possiamo sperare di beneficiare successivamente della fase positiva del mondo azionario?
Lascio a voi la risposta...la mia la potete intuire....
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Una domanda sul grafico, gentilmente... immagino di sapere la risposta, ma non si sa mai.
RispondiEliminaE' scritto che i rendimenti indicati per le azioni sono comprensivi dei dividendi distribuiti... in che senso?
Che i rendimenti indicati rappresentano una sorta di "total return", tenendo conto sia del risultato in conto capitale che dei dividendi?
Grazie.
Esatto, si tratta di rendimenti del tipo Total Return.
RispondiEliminaComplimenti per l'articolo!
RispondiEliminaE scusa, l'ITCPI Index, il cui acronimo presumo sia italian consumer price index è la nostra inflazione (il foi?) così come rilevata dall'istat?
RispondiEliminaL'ITCPI Index è l'acronimo di italian consumer price index, presumo.
RispondiEliminaSi tratta dell'indice dei prezzi al consumo così come calcolato dall'istat (poniamo, il foi)?
Chiedo scusa per i due precedenti messaggi, è scritto in legenda che trattasi effettivamente del FOI.
RispondiEliminaA questo punto ho tutto le informazioni che mi servono per esplicitare la critica alla metodologia di questo "studio" che mi sono venute in mente stanotte.
A mio parere, il confronto tra il rendimento complessivo dell'azionario e l'indice dei prezzi al consumo è quantomeno fuorviante: un investitore che acquista titoli legati all'inflazione, infatti, non ottiene solo "l'indice dei prezzi al consumo" bensì quest'ultimo PIU' uno spread.
Quindi sarebbe stato corretto un confronto non semplicemente tra rendimenti azionari ed inflazione, bensì tra quantità omogenee (rendimenti azionari e rendimenti di titoli legati all'inflazione).
Questo errore metodologico, a mio parere decisamente grave, fa apparire i rendimenti azionari come comparativamente più elevati di quanto in effetti non siano.
Su base "risk adjusted", inoltre, cioè se prendiamo in considerazione le varianze di questi rendimenti, ecco che l'azionario appare ancor meno allettante.
In conclusione, questo studio è "gravemente fallato" dalla scelta dei termini di confronto -e tanto basterebbe a destituirlo di ogni valore.
Spingendosi più oltre, si può arrivare a pensare che siano date solo due possibilità: l'autore o è incompetente, o è in malafede.
In entrambi i casi, prestargli ascolto si dimostrerebbe un pericoloso errore.
Come non bastasse, l'autore implica che i ribassi dell'azionario sono "ragionevolmente prevedibili", ipotesi di per sé difficilmente credibile (per usare un eufemismo) e di portata enorme.
In conclusione, quest'articolo è un esempio di quell'approccio da "azzeccagarbugli" che, curiosamente, l'autore si propone di criticare.
Se questo è il tenore delle "critiche" alle opinioni del prof. Scienza direi che siamo a cavallo!
Ed io che all'annuncio (su altro sito) della pubblicazione di questi articoli mi aspettavo chissà quale elegante applicazione di sofisticate tecniche econometriche... bah!
Gentile Anonimo,
RispondiEliminala ringrazio per le Sue osservazioni; a dire il vero scorrendo il Suo messaggio ho avuto l'impressione di leggere un articolo di Beppe Scienza; ma non è che Lei è proprio l'azzeccagarbugli di Torino?
Replico con ordine alle Sue osservazioni.
1) il mio articolo non voleva confrontare il rendimento delle obbligazioni inflation linked con quello delle azioni ma smentire quanto scritto da Scienza che in un Suo articolo ha affermato:"Non è vero che le azioni proteggano dall’inflazione, ovvero che di regola il valore dei propri risparmi venga preservato investendoli in Borsa. Basta un minimo di competenza per sapere che ciò è accaduto a volte sì e a volte no. Il Corriere della Sera poteva anche titolare: “L’inflazione fa paura? La roulette per difendersi”. Se infatti uno punta tutto sul rosso ed esce, ottiene una salvaguardia del potere d’acquisto dei suoi risparmi anche con un’inflazione del 100%."
Il confronto pertanto era tra l'inflazione e il rendimento delle azioni; ho disaggregato i periodi per far comprendere come nel tempo le condizioni inflazionistiche e i rendimenti azionari siano molto diversi e legati all'andamento dei cicli economici; inoltre, investire non vuole dire giocare alla roulette. Chi afferma ciò è un emerito IGNORANTE!
2) E' ovvio che le azioni siano più rischiose delle obbligazioni proprio perchè hanno rendimenti attesi più elevati; questa è una regola base della teoria del portafoglio! Che senso ha un confronto risk adjusted tra azioni e obbligazioni? Semmai questo concetto lo dovrebbe applicare quando confronta tra loro due portafogli composti da diversi strumenti (azioni, obbligazioni, materie prime, etc.).
3) il Suo scetticismo circa la capacità previsiva dei cicli economici e degli andamenti delle asset class dimostra, mi scusi se glielo dico, un'ignoranza di fondo a cui può sopperire in due modi:
A) documentarsi e studiare l'analisi macroeconomica e fondamentale;
B) continuare a leggere gli articoli di Scienza e a comprare obbligazioni inflation linked.
Ovvio che l'opzione B) è quella più semplice, ma a mio avviso non è quella corretta per la salvaguardia del proprio patrimonio che, invece, implica impegno, studio e capacità di approfondimento continue.
4) Volutamente ho fatto dei confronti estremamente semplici e comprensibili con la finalità di spiegarmi a tutti i lettori; perchè tira in ballo l'econometria?
Per prima cosa, non posso che essere lusingato dal fatto che un mio messaggio possa essere scambiato per opera di un docente universitario (oppure dovrebbe essere quest'ultimo a sentirsi offeso? :P).
RispondiEliminaScherzi a parte, non sono Scienza, e nemmeno di Torino. ^^
Veniamo alle risposte nel merito.
1) in questo modo la portata delle conclusioni dell'articolo risulta ragionevolmente ridimensionata, e ci posso anche stare.
E' anche vero che Scienza affermava semplicemente che non sempre le azioni hanno battuto l'inflazione (non che non l'hanno mai battuta), il che mi pare confermato dai grafici (vedere comunque punto 3 per ulteriori considerazioni sul punto fondamentale dell'articolo circa la prevedibilità dei ribassi).
Al di là dell'intento provocatorio di Scienza, comunque, il paragone tra investimento rischioso e gioco d'azzardo è "filosoficamente" molto meno peregrino di quanto sembri.
La stessa teoria del portafoglio da lei brevemente citata in 2) attinge a mani piene da concetti della statistica quali valore atteso e varianza di una combinazione lineare di variabili aleatorie, covarianza eccetera.
Più pragmaticamente, del resto, nell'applicare modelli di pricing di opzioni si formulano ipotesi sulla distribuzione ed in generale si applicano concetti nati per variabili casuali: insomma, gli strumenti per ragionare ad un buon livello di rigore sui mercati finanziari non sono poi diversissimi (per natura) da quelli per ragionare sul gioco d'azzardo.
E' chiaro del resto che non si tratta "proprio" della roulette, ma non sono nemmeno due "mondi" così lontani tra loro, come potrebbe invece apparire dal tono scandalizzato usato qui.
2) A mio parere il confronto risk adjusted tra azioni e obbligazioni ha senso eccome, ad esempio ex post, per valutare i risultati del mio gestore... ad ogni modo questo era un punto non fondamentale della critica, su cui sono sicuramente disposto a cedere.
3) Qualcuno che fosse davvero capace di prevedere in modo accurato e soprattutto "con buona costanza" le fasi di salita e discesa dei mercati, e trarne indicazioni operative, dovrebbe diventare in breve tempo più ricco di Creso: se non lo è, la faccia finita di dire che riesce a preveder qualcosa.
Alcuni individui d'altro canto parrebbero quasi essere in grado di farlo (probabilmente quelli di renaissance technologies :P) ma questo non vale per la stragrande maggioranza degli operatori -anche professionali (e non potrebbe essere diversamente, altrimenti quasi nessuno comprerebbe sui massimi e venderebbe sui minimi, e la controparte non potrebbe scambiare).
Il problema è che nonostante questo gli operatori del risparmio gestito pretendono laute commissioni di gestione in cambio dell'asserito possesso di tale "sfera di cristallo" che però quasi sempre si rivelano non possedere affatto.
Ad ogni modo, a me pare che proprio in termini di "salvaguardia del proprio patrimonio" le obbligazioni inflation-linked (di emittente solida, ovvio) siano un'ottima scelta; se uno non intende limitarsi alla salvaguardia ma vuole inseguire rendimenti molto elevati, allora il discorso può cambiare, ma si tenga presente il rischio di non riuscire a "prevedere" un accidenti!
4) Ho tirato in ballo l'econometria perché dagli annunci in altri siti mi aspettavo, appunto, chissà cosa in grado di demolire le opinioni espresse da Scienza... adesso prendo atto che si tratta pur sempre di divulgazione (che va benissimo, intendiamoci, solo che difficilmente potrà avere la portata deflagrante annunciata).
Chiudo questo post già abbastanza lungo ribadendo che non sono Scienza e che, per quanto questi non avesse bisogno della mia difesa, siccome condivido in linea di massima le sue opinioni ho sentito il bisogno di oppormi a questo tentativo di "smontatura".
Saluti.
Gentile Anonimo:
RispondiElimina1) E' vero quanto afferma relativamente a molti degli strumenti di analisi e studio dei mercati finanziari; la statistica e la teoria delle probabilità hanno un ruolo importante; tuttavia, paragonare l'investimento professionale al gioco della roulette è un'affermazione che solamente un "azzaccagarbugli" come Scienza può fare. Nel dire ciò anche il contributo che fornisce nei suoi articoli, in termini di divulgazione, viene vanificato perchè non da un messaggio giusto ed equilibrato all'ignaro risparmiatore, a digiuno di questi concetti. Giocare alla roulette e investire sono due attività che fanno riferimento alla teoria statistica ma con probabilità molto molto differenti in termini di risultati. L'investitore professionale ha in mano tutti gli strumenti per ottenere risultati positivi ben superiori al 50% che invece otterrebbe chi gioca alla roulette o ai dadi. Lei comunque è libero di crederci o meno e non voglio assolutamente perdere tempo a convincerla.
3) Nessuno ha detto che un investitore professionale è in grado di acquistare sui minimi e vendere sui massimi! Nessuno è in grado di farlo. Ho detto che i cicli economici e le tendenze di lungo termine sono assolutamente prevedibili. A titolo di esempio la invito a leggere il mio ultimo post intitolato "Ecco perchè siamo in un bear market secolare".
Il problemi del risparmio gestito non sono quelli di cui parla Scienza che ha una visione estremamente miope e limitata di un mondo che invece è molto ampio e complesso e presenta attori bravi e mezze cartucce.
A proposito delle obbligazioni legate all'inflazione Le dico che queste sono una buona scelta ma sicuramente non la sola da fare in un portafoglio ben diversificato. Le faccio un esempio: pensi se Lei fosse stato un greco che ha acquistato solamente titoli greci legati all'inflazione; come si sentirebbe ora? dormirebbe tranquillo?
4) riguardo i miei articoli su Scienza le dico che quelli che ha letto sono solo l'inizio. A breve scriverò un post sugli etf e i loro rischi, tanto osannati dall'"azzeccagarbugli" di Torino e che lui propone in sostituzione dei fondi a gestione attiva nel libro "il risparmio tradito".