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sabato 30 agosto 2008

DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - Economisti e mercati finanziari

Leggendo l’ultima indagine uscita in agosto e condotta dal Wall Street Journal tra una cinquantina di analisti, economisti e strategist spicca quanto distante, in molti casi puo’ essere il consensus di chi studia il mercato da quello che in realtà ci sta dicendo il mercato.
Provo a spiegarmi meglio. Cominciamo con il vedere la previsione sull’inflazione.
Dalla survey gli analisti si attendono che l’inflazione statunitense, misurata dal Cpi, rimanga sopra il 4% da qui alla fine dell’anno; solo nel corso del 2009 prevedono un ritorno verso il 2.9%-2.4%. In realtà, il mercato ci ha parlato in modo diverso; il piccolo rimbalzo innescato dai mercati azionari è stato sostenuto in particolare, proprio da un rientro delle aspettative inflazionistiche degli operatori, innescato a sua volta, dal rientro dei prezzi delle materie prime. Questo è ben visibile guardando allo spread di rendimento tra Treasury e Tips Usa (importante stima dell’inflazione!); tale spread come si vede dal grafico stima un’inflazione attesa intorno al 2%.


E veniamo alla probabilità di recessione negli Stati Uniti. La survey stima una probabilità di circa il 63% che l’economia a stelle e striscie scivoli in recessione; il mercato, guardando al contratto scambiato sul circuito Intrade stima una probabilità di recessione molto più bassa che va dal 17% (per il 2008) al 50% (per il 2009); anche questo maggiore ottimismo del mercato è servito per ridurre nelle ultime settimane l’avversione al rischio da parte degli operatori e per sostenere il consolidamento delle quotazioni degli indici azionari.



Interessante anche notare come l’aspettativa sullo stato di salute dell’economia Usa da parte degli analisti è progressivamente peggiorata dall’inizio del 2008 ad oggi in quanto si è passati da una probabilità di recessione stimata al 42% in gennaio al 63% di agosto; il mercato invece è partito pessimista all’inizio dell’anno e, via via, ha migliorato la propria aspettativa.
A questo punto mi chiederete dove sta la ragione? Difficile dirlo anche se molto spesso succede che il mercato reagisce in modo più tempestivo ai cambiamenti perché vive di aspettative che possono rivelarsi giuste o sbagliate; tempestività ed istinto sono gli elementi caratterizzanti. Gli economisti hanno sicuramente una minore reattività al cambiamento e analizzano numeri e statistiche in modo più freddo e calcolatore; freddezza e sistematicità nell’interpretazione delle statistiche. Cerchiamo allora di cogliere il buono da questi due comportamenti per formarci le nostre aspettative di mercato!


Ne approfitto ora per fare due considerazioni proprio legate al dibattito recessione si o recessione no negli Stati Uniti. Abbiamo visto qualche giorno fa la seconda stima del Pil Usa: +3.3% il sorprendente dato.
Anch'io sono tra quelli sorpresi, visto che mi attendevo un dato deludente dopo la prima stima uscita in luglio; cosa ha pesato sul dato? beh la trade balance (nettamente migliorata in luglio) che non era compresa nella prima stima, ha esercitato un forte impatto; e poi la ricostituzione tecnica delle scorte. Al di la di questo dato vi esprimo il mio parere personale: a mio avviso non è così importante sapere se l'economia Usa andrà in recessione tecnica o meno; mi spiego....Al di la del dettaglio dei numeri (se ci saranno cioè i classici due trim negativi o meno) l'idea che conta è che per un po di tempo l'economia Usa arrancherà e mostrerà una crescita al di sotto del suo potenziale. Inoltre i soliti annosi problemi legati al credito, alle banche e al settore immobiliare non sono affatto risolti. Il dato positivo sul Gdp Statunitense, pertanto, a mio modesto avviso, non cambia più di tanto le carte in tavola e potrà, eventualmente, insieme all'eventuale positività di altri dati sulla congiuntura. sostenere SOLO MOMENTANEAMENTE le quotazioni azionarie. Chiudo con una simpatica vignetta che mi ha recapitato un collega alcuni giorni fa.



venerdì 8 agosto 2008

DAL LABORATORIO DEI MERCATI FINANZIARI - Un aggiornamento sulla situazione dei mercati azionari

Dopo la pausa estiva mi sembra doveroso fare un punto della situazione in cui versano i mercati azionari. I lettori fedeli del blog hanno continuato a contattarmi tramite mail anche durante questo stop estivo; colgo l'occasione per ringraziarVi tutti per il sostegno che fornite a questo blog dedicato al pensiero laterale ed all'analisi dei mercati finanziari.
Cominciamo dunque a fissare le idee distinguendo la visione di medio periodo da quella di breve termine.
MEDIO PERIODO
Guardando i fattori scatenanti la crisi in atto sui mercati azionari continuo a non ravvisare elementi che possano farmi pensare ad un cambiamento di scenario.
Sia il settore immobiliare che il settore finanziario non hanno fornito ancora segnali confortanti; le aspettative, desumibili dalla reportistica tecnica che mi è capitato di leggere al rientro dalle mie vacanze e che condivido, sono di ulteriori ribassi dei prezzi delle case con ripercussioni sul potere di acquisto delle famiglie americane; per il settore finanziario la cosa che mi stupisce è la collusione che si sta venendo a creare tra la Sec (la Consob Statunitense) e le banche Usa impegnate a stilare i propri bilanci. In pratica, stando a quanto affermato da eminenti economisti (Nouriel Roubini, tra gli altri) sembra che le banche stabiliscano a priori quante perdite contabilizzare o ricorrano ad artifizi contabili per dilazionare nel tempo crediti inesigibili; il tutto con il benestare dell'organo di controllo impegnato a chiudere un occhio (e probabilmente anche due!) per evitare che la crisi si avviti su se stessa. Da prendere con le molle, pertanto, i buoni dati rilasciati da Wells Fargo, Citigroup e Jp Morgan. Temo che la crisi di IndyMac (banca regionale californiana) sia solo la prima di una lunga serie (in un recente post su questo blog parlavo della poca trasparenza sui bilanci delle banche regionali!). Tutto questo sta avvenendo nel Paese liberista per antonomasia! Nella nazione dove dovrebbe prevalere la mano invisibile del mercato e dove l'azienda marginale dovrebbe fallire senza alcun aiuto.
Il terzo elemento di preoccupazione, oltre al settore immobiliare ed ai Financials, è la crescita economica Usa; i dati preliminari del Pil statunitense non mi convincono; mi aspetto che il Gdp del secondo quarter venga rivisto al ribasso nelle prossime stime (ricordiamo che le stime del Pil sono tre: preliminar, advanced e final) un po' come era successo durante la precedente recessione.
Inoltre, i principali indicatori anticipatori (Leading Indicators, Ism etc.) continuano a segnalare cattivo tempo.
Infine il contesto tecnico dei principali indici azionari internazionali continua ad essere improntato al ribasso.
Pertanto con una prospettiva di medio periodo è MOLTO PROBABILE CHE I MERCATI AZIONARI VEDRANNO NUOVI MINIMI.
Ho approfondito questi ed altri punti nella GLOBAL ASSET ALLOCATION NEWSLETTER che ieri ho inoltrato ai lettori.
BREVE PERIODO
Il limite posto dalla Sec alle vendite allo scoperto sui titoli azionari Usa, il rientro delle quotazioni del greggio, i livelli compressi raggiunti dagli indicatori di sentiment, il rimbalzo delle quotazioni di diversi titoli del settore bancario ed assicurativo sia in Usa che in area Euro, stanno alimentando un altro bear market rally sulle principali Piazze azionarie.
In un FOCUS REPORT uscito alcuni giorni fa ho esaminato qali possono essere i temi di investimento ed i titoli azionari da cavalcare per poter beneficiare del mini rally in atto.
Tengo a puntualizzare che tali movimenti sono da cogliere SOLO IN UN'OTTICA DI BREVE TERMINE E DI TIPO TATTICO!
Due parole infine sulle recenti decisioni di Fed e Bce; la prima ha emesso un "commovente" statement in cui rischi inflazionistici sono controbilanciati dai rischi sul fronte della crescita e che conferma la mia idea circa il fatto che la Fed se si muoverà, lo farà nel 2009 e non quest'anno.
La Bce dal canto suo ha lasciato i tassi invariati confermando la poca coerenza del suo operato; il mercato non ha mai creduto allo spauracchio del rialzo dei tassi (tanto che nelle ultime settimane i tassi di mercato sono scesi!). Solo due mesi fa l'inflazione sembrava un mostro invincibile e ora? E' bastata una correzione delle materie prime per allontanare questi timori?